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giovedì 14 luglio 2011

Capitolo 13 - Memoria di Fame


Rosa sognava il Mondo.
Distesa sul pavimento, era una forma pallida che veniva avvolta da filamenti grigi; le cellule del Mondo stavano coprendo la sua carne tratto dopo tratto. La stavano cancellando come i segni lasciati da un'unghia che gratta via lo sporco.
Rosa era morta e sognava il Mondo.

Gaetano non vedeva l'ora di acciuffare i due ragazzini; si era preparato anche un bel discorsetto. Arrivato ad un'intersezione tra i corridoi, si chiese se doveva andare a destra o a sinistra; la luce livida ed il freddo della casa non gli diedero indizi. Si grattò la guancia, confuso.
Forse doveva provare ad andare
a destra, dove c'erano le scale
dopo la seconda porta.
Gaetano si bloccò.
Come faceva a saperlo?


Rosa sognava il Mondo, sognava la sua nascita, al tempo in cui tutte le stelle erano giganti azzurre e le regole erano differenti. Le cose seguivano altri schemi e avevano altre strutture; alcune di quelle antiche regole erano fuori nel cortile: vorticavano attorno al prete, formavano il Segno.
Ma il Mondo era più astuto delle regole.
Come avrebbe fatto altrimenti a nutrirsi?

Gaetano aveva continuato a camminare, con i passi che rimbombavano nel silenzio. Si fermò un istante in una sezione che era sicuro di avere già visto. Svoltando a destra sarebbe entrato nella sala da ballo; forse i ragazzi erano là.
Solo che non ricordava di aver ancora visto nessuna sala da ballo. Eppure sapeva dove fosse, sapeva com'era fatta
c'era anche un grande specchio

e sapeva come arrivarci.
Ancora provava
quella strana sensazione di già visto; non era mai stato in quella parte della villa.
Eppure sapeva dove andare.
Cosa diavolo stava succedendo?


Rosa ricordava il Mondo. Ricordava la Fame, la brama di vita e di carne, ricordava la caccia alle prede, la crescita delle cellule sulla superficie del Mondo; quando le prede erano finite, ci avevano pensato i visitatori da altre stelle a lenire la fame del Mondo.
E il Mondo era cresciuto, aveva inglobato e ingerito, ed era divenuto un unico essere.
Il Mondo era eterno.
Rosa rabbrividì di piacere.

Gaetano si era appoggiato alla parete, ansante. Aveva freddo, un gelo strano che gli si era insinuato nel corpo nonostante il suo respiro non si condensasse; il mal di testa che gli grattava le tempie, e continuava a sentire quella stranissima sensazione di deja vu per villa Gatto-Borghi.
Come se ci fosse nato; no, meglio, come fosse parte
di noi
di lui.
E poi c'era la luce, che aveva assunto una tonalità livida e bluastra, e proveniva da angoli insoliti, che allungavano le ombre e facevano sembrare delle cose come fossero altre.
Forse aveva le allucinazioni.
Forse aveva soltanto
fame.

Non si era reso conto del vuoto allo stomaco fino a qualche secondo prima; sentiva quasi le pareti mucose scivolare l'una sull'altra, in attesa di qualcosa di cui nutrirsi.
Ma prima doveva trovare quei due ragazzini

appetitosi
maledetti.
Fece tre passi, poi barcollò e scivolò lungo la parete a terra.
Il freddo au
mentò d'intensità, divenne un peso metallico che lo schiacciava; lo sentiva provenire da sopra, premere sul collo, sul fianco, su ogni parte esposta.
Gaetano, la testa a ciondoloni sulla spalla, guardò in alto, verso il freddo e verso il soffitto.
Fu un errore.
Dove dovevano esserci travi di legno e stucco, si spalancava l'orbita vuota del cosmo: una volta cieca, nella quale splendevano milioni di stelle azzurre. Un arabesco di luce al centro del quale, nero come una gola aperta, stava
il Mondo.

Gaetano aprì la bocca ed urlò.


Rosa non poteva ricordare la morte del Mondo, ma sapeva che esso era stato distrutto. Qualcosa ne aveva smembrato la carne, spargendo nel cosmo il suo nucleo molle e la crosta dura; increspature di dolore si fecero strada per la sua mente morta.
Ma frammenti del Mondo, ognuno cieco e idiota nella sua piccolezza, erano sopravvissuti; su di essi le cellule del mondo avevano atteso durante strani eoni, dormendo nel gelido vuoto dello spazio, nel freddo che le schiacciava.
Fino a che alcune di quelle cellule erano precipitate su un altro pianeta, e qui avevano trovato finalmente calore e luce, ed erano tornate prima alla Fame, poi alla vita, poi alla coscienza.
A un nome, anche.
Ed ora Stakari-Botri ricordava la propria ascendenza e la propria comunanza con il Mondo.
Gli ultimi rimasugli di Rosa furono divorati dalle cellule del Mondo mentre la sua mente conosceva l'estasi della sicura vittoria. Il Mondo sarebbe tornato ad essere tutto.
E, alla fine, sarebbe stato anche
sazio.

"Ehi, eccolo lì!"
Stefano indicò l'entrata di Villa Gatto-Borghi, quella da cui era uscito un istante prima urlando. Vicino alla porta c'era Gaetano, riverso in condizioni pietose, ricoperto di strani simboli. Gemeva e agitava le braccia.
Accanto a Stefano, Shlomo si irrigidì.
Stefano si girò verso Santonastaso.
"Dobbiamo andare a prenderlo...?" Non ne era del tutto sicuro.
"No." Schlom alzò un braccio con fare deciso. Santo e Stefano lo guardarono; Stefano aprì la bocca per parlare.
"No! Non vi avvicinate." Il monaco aggrottò le sopracciglia. "L'uomo è stato marchiato. Dobbiamo... devo liberarlo, prima, oppure ucciderà tutti quelli che sono dentro la villa."
Stefano espirò, sibilando.
Bruno...
Shlomo strinse i pugni, poi si legò più stretto il saio, e tese davanti a sé il crocefisso macchiato del sangue di Don Simone; appena dietro l'entrata, Gaetano gemette ed allungò una mano verso il prete con fare disperato.
Shlomo cercò di tenere a bada il sangue che gli martellava nelle tempie, il sudore che gli scorreva sulla fronte. Si girò verso Santonastaso, annuendo due volte.
Poi il monaco, mormorando parole in arabo ed ebraico, respirando forte dal naso, mosse i primi passi verso la soglia di villa Gatto-Borghi.
Poco più avanti, Gaetano provò un brivido di piacere nel vedere il prete che si avvicinava.
Non era più tempo di illusioni, allucinazioni e proiezioni mentali.
Mugolò ancora, per invogliarle il monaco ad avanzare, mentre la sua mente esultava in orgasmo nella comunanza con Stakari-Botri e le cellule del Mondo.
Il Mondo sarebbe tornato ad essere tutto!
E alla fine sarebbe stato anche sazio.

12 commenti:

  1. Posso essere io il primo a complimentarmi?
    Bravo Stefano, è sempre un piacere incontrare un altro adepto di Lovecraft.

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  2. Notevole. Allarga ancora di più l’arco spazio temporale della storia, ci entrano in maniera esplicita richiami a modelli fondamentali (HPL) e si prepara il ritorno all’azione. Non avevo pensato Shlomo come un monaco, figura inesistente nell’ebraismo, ma va bene così.
    L’unica cosa che non mi è piaciuta è la scansione del testo, ne capisco lo scopo ma avrei preferito un altro sistema per evidenziare le intrusioni nella mente di Gaetano. Just my two cents.

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  3. Maledetti!
    Ho recuperato solo oggi la lettura degli ultimi capitoli, e beh…

    Io avevo un'idea, un'unica ideuzza per quando sarebbe arrivato il mio turno. Ma la piega che han preso gli avvenimenti me la rendono sempre più difficile da sfruttare.
    Maledetti!
    :-)

    (Complimenti a tutti gli autori, la storia della casa sta diventando davvero avvincente!)

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  4. Ed alla fine lo spettro di HPL si è palesato.
    Molto buono.

    COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

    Restate sintonizzati, perché è in programma un cambio di formazione (uno degli autori in lista è altrimenti impagnato).
    Maggiori dettagli a seguire.

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  5. Ah, l'arcano imprevisto. Ve lo avevo detto io che giocare con certe cose è pericoloso. :-)

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  6. @Anche a me ha stupito un po' la definizione di Shlomo in qualità di monaco, ma mi sono adattato. In fondo potrebbero esserci mille spiegazioni (ebreo convertito, setta segreta, etc etc).

    Questo capitolo è bello, molto più lovecraftiano del mio, che avevo lasciato più sul filone "The Thing", non osando scomodare lo spettro di HPL.

    Lieto che qualcuno l'abbia fatto ;-)

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  7. Bel pezzo, anche io sono soddisfatto della deriva Cosmica che sta prendendo la storia :)

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  8. Visto che non mi riesce di quotare per ragioni misteriose, lo faccio manualmente:
    +1
    e complimenti.

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  9. Grazie a tutti; sono davvero contento che il capitolo vi sia piaciuto.
    Dato che abbiamo cominciato l'ultimo terzo della narrazione, ho pensato di dare un po' di senso temporale alla Cosa-Casa, di collegarla ad un universo infante e deforme in cui le cose andavano diversamente.

    Shaggley

    Ah, per chi se lo fosse chiesto, l'immagine che apre il capitolo è "Denti" di Odilon Redon, un pittore simbolista francese che adoro e che ha fatto tutta una serie di quadri inquietanti.

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  10. Grande Redon, piace molto anche a me!

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  11. Vi sto recuperando rapidamente, e con gusto... complimenti a tutti per l'ottimo lavoro di costruzione tassello dopo tassello! Procedo nella lettura e intanto prendo appunti...

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