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lunedì 4 luglio 2011

Capitolo 10 - Padre, figlio e...

Stefano si bloccò all'improvviso in mezzo al corridoio, come attraversato da una fortissima scossa elettrostatica. Dopo la scomparsa di Rosa si erano diretti verso l'ala Ovest seguendo delle pozze di sangue. Passato il primo attimo di smarrimento, ricollegò la spiacevole ma familiare sensazione ai ricordi del passato.
" Il Segno – pensò - dunque anche il vecchio monaco è qui, Cristo santo"
Santini e Gaetano si fermarono subito dietro di lui in mezzo al corridoio, il carabiniere guardandosi intorno e il vigile appiattendosi contro il muro. All'inizio Santini aveva cercato di fermare il delirio di quella specie di Rambo deviato, che balzava da un lato all'altro del corridoio, riparandosi dietro ogni mobile marcio e parete ammuffita, rotolando sul pavimento di assi sconnesse con l'unico risultato di fare un gran fracasso e scorticarsi la nuca; alla fine aveva rinunciato, preoccupato più per il suo collega e la vigilessa.
"Ha visto qualcosa, signor Morganti? "
Stefano si voltò pallido verso gli altri due, ricordandosi dell'effetto che il segno aveva sulla struttura stessa della casa.
"Dovete uscire dalla casa, ORA! - urlò prendendoli per le spalle e tornando indietro lungo il corridoio - hanno posto il segno, significa che il monaco è qui, e la casa sicuramente sta per reagire, bisogna fare in fretta!"
" Si può sapere che cazzo stai dicendo- sbottò Gaetano divincolandosi dalla stretta- ti sei drogato o cosa? Dove cazzo lo vedi un cazzo di prete qui?"
“E' un monaco, non un prete. Ed era nella squadra che ci ha tirato fuori di qui la prima volta. Sbrigatevi ho detto!” continuò trascinando Santini per un braccio.
Il carabiniere si fermò accanto al vigile “Per quanto mi costi ammetterlo, devo dare ragione al mio collega- disse accentuando il sarcasmo sull'ultima parola- ci vuole dire che sta succedendo signor Morganti? “ Fu in quel preciso istante che il corridoio davanti ai tre si allungò all'infinito. Approfittando dello stupore degli altri due, Stefano li riprese per il braccio e ricominciò a correre.

Enzo Bonabitacola non era certo un atleta. Erano trascorsi molti anni dall'ultima volta che aveva corso la maratona del liceo, anni in cui gli agi a cui era abituato avevano allargato il girovita ed accorciato il fiato. Ma con suo figlio tra le braccia, l'odore della carne ancora fumante misto al sapore salato delle lacrime, corse come tanti anni prima, attraversando tutto il reparto, l'accettazione, fino a posare delicatamente il corpo martoriato sul sedile anteriore della sua BMW. Gli occhi di Simone si aprirono con fatica ancora una volta, due pozze bianche e blu su un corpo color carbone.
“Portami lì, papa', portami lì”.
Tra l'ospedale e Villa Gatto-Borghi c'erano appena una decina di chilometri, ma Enzo aveva l'impressione di aver guidato per delle ore, con la paura di non riuscire a realizzare neanche l'ultimo desiderio di suo figlio, di non riuscire a fargli capire, dopo anni di discussioni e lotte, che lui credeva. Che lui GLI credeva.
Davanti alla villa c'era uno spiegamento considerevole di polizia, carabinieri, esercito ed altri corpi che non riuscì immediatamente ad identificare. Quando venne fermato al posto di blocco, gli bastò fare il nome di suo figlio per essere scortato immediatamente davanti all'ingresso della villa.
Santonastaso e Shlomo erano in piedi davanti al Segno, una pala d'altare proveniente dal monastero medievale greco della Gran Meteora, ma che era più antico di diversi secoli. La processione di angeli neri su sfondo oro che portava in mano il triangolo ardente contenente l'Occhio, sembrava quasi prendere vita.
Intenti ad osservare la villa ed I suoi mutamenti, non si accorsero fino all'ultimo del gruppetto di persone che correva verso di loro, guidato da Leonardi. Quando si voltarono, si trovarono di fronte un padre addolorato e un figlio morente.

Stefano era riuscito a trascinare I due militari fino quasi all'entrata della casa, in una corsa psichedelica contro il tempo e contro la fisica. Le pareti attorno a loro si erano piegate, quasi come per schiacciarli, per poi fluttuare come acqua increspata da un vento invisibile. Scendendo le scale era parso loro di salire e di sentire risuonare ovunque risate di bambini. Le luci si accendevano e si spegnevano, si sentivano telefoni suonare ovunque e passi e rumore di sedie e di piatti nelle stanze vicine.
Santini aveva tentato più volte di fermarsi ma Stefano, trascinato dal proprio istinto di sopravvivenza, era riuscito a portarli fino al grande atrio. Ora, ansanti, fissavano senza dire niente la porta d'ingresso. La cacofonia attorno a loro era appena finita, quando sentirono uno zampettio strascicato provenire dalla stanza alla loro sinistra.
Il levriero caracollò fuori dalla stanza tenendo stretta tra I denti la testa di Eva, il volto fissato in un ultima espressione di stupore e dolore. Una voce infantile proveniente dall'altra stanza ruppe il silenzio “Qui Bell, da bravo, riporta!”
Qualcosa dentro Stefano si spezzò definitivamente. Emettendo un verso a metà fra un urlo e un conato di vomito, fuori di se', uscì di corsa dalla casa.

Santonastaso riconobbe Simone tra le braccia di suo padre e gli sembrò che un blocco di cemento gli cadesse tra le spalle. Tutti quegli anni spesi a studiare, ad addestrare quel giovane, quel ragazzo che sentiva davvero la chiamata, tutto in vista di quel momento ed ora...
Shlomo si inginocchiò accanto al giovane prete, che il padre teneva tra le braccia.
“Shalom, Simone. Aspettavamo solo te - Il sussurro della sua voce sembrò incrinarsi- ma pare che la Gehenna abbia richiesto il suo pedaggio.”
Simone chiamò a raccolta tutte le forze che gli rimanevano “Così pare... maestro. Ma non... potevo lasciare che... Don Alberto la...affrontasse da solo.”
E con un accenno di sorriso su ciò che restava del suo volto, Simone Bonabitacola chiuse gli occhi per l'ultima volta.
Dopo un momento di silenzio, Ezio si rivolse agli astanti.
“Mio figlio mi ha chiesto di portarlo qui. Questa casa e ciò che contiene erano la sua missione e la sua vita. Ditemi cosa devo fare.”
“Siamo addolorati per la sua perdita, dottor Bonabitacola, davvero - rispose Santonastaso – ma non c'è niente che possa fare lei qui adesso”. Non so neanche se c'è qualcosa che possiamo fare noi adesso. “ La cosa migliore per ora è che si faccia indietro e”
La frase venne interrotta dal rumore di alcune persone che,urlando, scappavano a rotta di collo dalla casa. A metà del viale d'ingresso furono bloccati dagli agenti dei servizi e portati immediatamente davanti a Santonastaso.
“Stefano Morganti??? Che diavolo ci fa lei nella casa, di nuovo?”
Stefano, riconoscendo nel suo delirio Santonastaso e il monaco riprese un poco il controllo di se'.
“Sapevo che eravate voi, dovevate essere voi! Grazie a Dio! Presto c'è mio figlio lì dentro, noi tre siamo usciti appena ho sentito il Segno!”
“Si calmi Morganti, respiri. Quante persone ci sono in quella maledetta casa?”
“Oltre a me e questi due c'era un'altra vigilessa e ci deve essere mio figlio e c'era Eva e non so credo che mio figlio sia dentro con qualcuno dei suoi amici e”
Santini, fino a quel momento rimasto muto e tremante si riscosse “Dov'è il coglione?”

Solo in mezzo alla sala, Gaetano si grattava la testa. Non capiva perché da qualche minuto provasse quello strano prurito e soprattutto non capiva perché quei due erano scappati alla vista di un cane con una palla sgonfia in bocca. Certa gente è proprio senza palle – pensò- al minimo rumore se la danno a gambe. Pff. Non sarebbe stato certo qualche scricchiolio a spaventarlo, lui che aveva superato tutti I corsi di sopravvivenza a cui aveva partecipato. Si guardò intorno, chiedendosi perché era venuto lì. Aveva ricevuto una chiamata, si questo se lo ricordava. E c'erano dei ragazzini in quella casa, si, il padre li stava cercando. Un'idea lo colpì. Violazione di proprietà privata, ecco cosa stavano facendo quei ragazzini! E la giustizia era sempre troppo indulgente coi ragazzini. Lui odiava l'indulgenza e odiava I ragazzini. Ecco cos'avrebbe fatto, avrebbe portato la giustizia in quella casa. Con una nuova luce negli occhi si diresse alla loro ricerca verso l'ala est.
Le spore sulla sua nuca vibrarono di piacere.

All'esterno della casa, Stefano aveva ricominciato ad urlare. Non solo non avevano ancora mandato una squadra di recupero, non avevano intenzione di farlo rientrare.
“LO CAPISCE CHE C'E' MIO FIGLIO LI DENTRO?!?!”
“Stefano ascolti, stiamo cercando di capire cosa fare, per favore, stia indietro e ci lasci lavorare”
“Lasci entrare me allora – li interruppe Enzo- voglio aiutare. E voglio vedere coi miei occhi quello che c'è lì dentro. E lei signore, se suo figlio è lì dentro, resti qui di modo che quando uscirà trovi suo padre ad accoglierlo. Ma io devo entrare!!!”
Santonastaso scosse la testa e si passò la mano sugli occhi sempre più stanchi “Signor Bonabitacola, lei non ha idea di cosa”
“Suo figlio è stato un buon amico e un buon allievo – il sussurro profondo di Shlomo azzittì I due uomini - non butti via così il suo lavoro."
Il monaco si chinò sul corpo di don Simone e con tenera delicatezza liberò dalla stretta delle dita ciò che restava della croce d'argento. “La croce bagnata dal sangue di un sacrificio. Le dice niente?”

12 commenti:

  1. Wow! Non ho timore di dire che è uno dei capitoli migliori finora. Sei riuscito a far convergere quasi tutte le sottotrame finora nate. E non era facile.
    Certo mi dispiace per la fine di Eva, ma questo fa parte del gioco.
    I miei complimenti.

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  2. Penso ci sia un piccolo refuso: fine del sesto paragrafo, quello che chiude gli occhi dovrebbe essere simone bonabitacola, non don alberto.
    Bel capitolo, comunque!

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  3. hai ragione, mannaggia mi era sfuggito! correggo subito e..grazie davvero a tutti e due

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  4. Mamma. Mi hai letto nel pensiero. Così volevo che andasse per Simone e suo padre. Bravo. Davvero.
    (son commossa, si vede? :) )
    Anche il resto del capitolo. Bel lavoro di tessitura, complimenti

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  5. beh avevi scritto un gran bel capitolo, mi sono lasciato ispirare ;)

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  6. Pollice su, decisamente.

    Avrei adesso una domanda: ma come si fa a far durare la storia per VENTITRE capitoli? Sono ancora tredici, da questo!

    Barney

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  7. E bravo il corsaronero che zitto zitto ci porta un gran bel capitolo.
    Bravo.

    Però, come dice Barney, manca ancora molto alla conclusione della storia... così mi aspetto ancora grandi cose anche nei prossimi capitoli, ma anche la quadratura del cerchio sul come far durare il tutto, e per fortuna, questo è un problema che non mi riguarda. :p

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  8. @Corsaronero; chapeau, bel lavoro.

    @Barney, c'è benzina per parecchie cose ancora. Per esempio si vorrebbe capire qualcosa della villa, del fungo (ammesso che lo sia), dei bambini, del Segno...

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  9. Me lo sono gustato questa mattina, prima di cominciare a lavorare...
    Ancora ancora!

    ^___^

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  10. Molto bello! Sono sempre più curiosa....

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