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mercoledì 19 ottobre 2011

Capitolo 2 + (MCiti)



Per l’ennesima volta Stefano maledisse sé stesso per non aver provveduto a staccare il telefono, e adesso per punizione il trillo rabbioso dell’apparecchio lo scosse dal sonno. Imprecando l’uomo riuscì come per magia ad inciampare in tutte e tre le lattine di birra disseminate sul pavimento nel tragitto dal divano al telefono prima di arrivare ad afferrare la cornetta.
C’era una sola persona che riusciva sempre ad indovinare i momenti meno indicati per chiamarlo, e questo da che aveva memoria.
-Dimmi Eva, che c’è? Cosa è successo stavolta?.
Sentì la sua ex moglie sospirare pesantemente prima di cominciare a parlare.
-Bruno è uscito di nuovo con Andrea e sai che non mi piace che nostro figlio lo frequenti.
-E io che ci posso fare? Bruno è maggiorenne, e poi lo ha detto anche il giudice: io ho l’obbligo di mantenerlo, non di interferire nella sua vita.
Un attimo di silenzio e poi Eva riprese, con il suo pesante accento ungherese.
Nei primi mesi quell’accento gli era sembrato fantastico e sexy da morire, poi man mano che il tempo passava e le cose tra loro peggioravano lo aveva trovato sempre più disturbante.
-Stefano, li ho sentiti parlare. Andavano a Villa Gatto-Borghi: per questo ti ho chiamato.
Qualcosa si fermò dentro di Stefano . Sentì il rumore come di qualcuno che se la faceva addosso, e non era sicuro di non essere lui. Dopo tutti quegli anni succedeva di nuovo.
-Mi vesto subito. Lo vado a prendere.
Solo allora Eva sembrò rendersi conto delle condizioni del suo ex compagno.
-Stefano, ma ce la fai a guidare? Non avrai mica bevuto ancora?
- No no, sono mesi che non tocco alcool-rispose l’uomo guardando le lattine per terra, e poi con un impeto di dolcezza che stupì lui per primo- Sta tranquilla, te lo riporto indietro. Stavolta andrà tutto bene.
Abbassata la cornetta Stefano si massaggiò pesantemente le tempie. Non era il momento migliore per un dopo sbornia. Lo specchio gli restituì l’immagine dei suoi radi capelli sale e pepe, delle profonde occhiaie e del suo fisico sfatto. La stessa immagine che aveva imparato ad odiare giorno dopo giorno.
Con gesto nervoso afferrò le chiavi della macchina.
Villa Gatto- Borghi. Non di nuovo. Non dopo tutti quegli anni. Non proprio con suo figlio.
Sono fottuto, pensò l’uomo prima di uscire in strada.


Eva rimase seduta con il cellulare in mano, guardò le foto sul mobile: foto di Bruno da bambino, foto di Bruno con lei; più lontana e seminascosta dalle altre una rarissima immagine di Stefano e di lei giovani e felici.
Sospirando la donna aprì il cassetto di cui solo lei, aveva la chiave ed in silenzio cominciò a cacciar fuori tutte le foto di Villa Gatto-Borghi.




Il Vice Brigadiere Santini non era conosciuto proprio per la sua pazienza, eppure davanti a quel “Rambo dei poveri” che gli si era parato davanti dovette appellarsi a tutti gli anni di esperienza per non urlare, per non ridergli in faccia.
-Fermi tutti. Che ci fate qui? deferite le vostre generalità!
Oh,Signore, pensò Santini, l’uomo era più coglione del previsto.
-Tanto per cominciare Callaghan, si dice “fornire le generalità”, non” deferire”, punto secondo: qui le domande le faccio io; infine se continui ad agitarmi addosso quella pistola io te la strappo di mano, te la ficco nel culo e poi premo il grilletto! E forse, non necessariamente in quest’ordine. Quindi vediamo di non farci male.
-Gaetano, sono dei Carabinieri. Posa l’arma.
Solo in quel momento Santini notò la donna dai capelli rossi, un'altra “municipale” a quanto pare. Per la prima volta il il Vice Brigadiere, fu grato della comparsa di un agente donna. La nuova arrivata sembrava molto più sveglia del compagno, non che ci volesse molto comunque.
Il Rambo accortosi in ritardo della situazione, nel frattempo, aveva posato la ridicola arma e si era profuso in un ancora più ridicolo saluto militare.
-Signorsì, Signore. Eravamo sbalzati in vostro appoggio. Signore.
No, per favore, maledisse Santini, è uno scherzo. Maledisse tutti i santi di cui era a conoscenza. Due anni mancavano alla sua pensione, due anni. E poi non avrebbe avuto più a che fare con tutta quella merda.
Si limitò a sussurrare nell’orecchio del vigile donna:-Sbalzati, eh?
-Lasci perdere.-Rispose semplicemente la rossa.
-Bene, Oberwalder, vediamo di combinare qualcosa prima di andare a casa!
Ma nel punto dove prima c’era il Carabiniere scelto Oberwalder, non c’era più niente. Solo, il berretto.
Avvolto dalle ragnatele.


Stefano non ricordava quanto avesse guidato. Sapeva solo che dopo quasi vent’anni, si stava di nuovo dirigendo verso Villa Gatto-Borghi
Mancava poco ormai. E a peggiorare le cose il mal di testa cominciava a diminuire, e questo lo spaventava . Solo l’alcool riusciva a tenere lontani i ricordi.
Assieme ai suoi fantasmi.
Li avvertiva sempre quando arrivavano: un senso di fredda pesantezza che gli colpivano il diaframma.
Pregò non si trattasse di Armida.
E ovviamente era lei, seduta sul sedile del guidatore. Bella come l’aveva conosciuta venti anni prima.
-Alla fine ci stai tornando, vero?.
-Armida per favore, non è il momento. Avrai tempo un altro giorno per tormentarmi.
Nonostante la paura Stefano aveva voglia di accarezzarle i lunghi capelli neri, proprio come faceva sempre prima di fare l’amore con lei. Proprio come aveva fatto per l’ultima volta quella maledetta sera prima di entrare dentro quella fottuta villa.
-E’ per tuo figlio, vero? Ricordi che avevo la stessa età Bruno quando mi hai portato là dentro?
Era solo un gioco, dicevi.
Stefano avrebbe voluto piangere o vomitare, o entrambe le cose. Ma non poteva sottrarsi dal guardarla di nuovo. Non che non sapesse quello che sarebbe successo.
Adesso Armida lo guardava con espressione accusatrice,la bellezza totalmente scomparsa: la pelle scarnificata, il globo oculare destro vuoto. Vuoto e freddo.
La Cosa-Armida indifferente al disgusto dell’uomo,prese a mangiarsi le pellicine vicine alle unghie.
-Armida, mi dispiace. “Era” solo un gioco. Non potevo sapere quello che c’era dentro la Villa- Farfugliò l’uomo.
-Non potevi sapere? Eravamo in otto quando ci hai voluti portare in quella Villa.”Per cercare i fantasmi”, dicevi. “Solo un gioco” dicevi. E guarda: ne siete usciti in due. Non hai cercato di salvare me, hai salvato quella tua troietta ungherese del cazzo!
Stefano arrivato al cancello della Villa, fermò l’auto di colpo. Piangendo si precipitò fuori alla macchina.
-Mi dispiace! Mi dispiace!Io ci ho provato a salvarti! Non potevo sapere. Io non potevo sapere!
La cosa –Armida si grattò languidamente dentro il globo oculare,ne tirò fuori un verme e in maniera noncurante lo inghiottì.
Dopo si decise a scendere anche lei dalla macchina.
- Noi ci rivedremo ancora. Ti aspetto là dentro.
L’uomo provò ad alzare gli occhi, a sfidare una volta tanto, il suo incubo. Ma il suo sguardo incontrò il nulla. Armida com’era arrivata se n’era andata.
Solo il vento lo accolse , lo circondò, gli diede il benvenuto.
La sagoma di Villa Gatto- Borghi lo attendeva, silente come se fosse stata certa del suo ritorno un giorno o l’altro. Grande al punto da spezzare il cielo con la sua mole.
La carcassa di un cane, morto da chissà quanto, giaceva a terra.
Delle auto erano parcheggiate nel parco, una sembrava un’ auto dei carabinieri.
Stefano, in silenzio si avviò lentamente verso l’entrata.
La carcassa del cane sembrò scrutarlo con odio.
...
Armida guardò l'uomo che un tempo aveva chiamato Stefano, mentre svaniva nel silenzio e nella lenta luce grigia. 
Lei non faceva più parte di quel tempo, si era fermata per sempre a un momento di tanti anni prima, a una sera impossibile da dimenticare. A una speranza assurda, che nemmeno lei, allora, aveva preso davvero sul serio. Poteva ancora minacciarlo, disgustarlo. Poteva ritornare mille volte su quel momento, ma nulla di più. Si accarezzò i lunghi capelli corvini, dei quali un tempo era stata fiera. Inutilmente, era come toccare la nebbia. Il tempo la stava portando via, poco per volta.

7 commenti:

  1. Grazie, sono commosso e felice che i miei personaggi possano rivivere ancora una volta.Non aggiungo altro, troppa è la commozione.

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  2. Questo si chiama rispondere alle sfide da professionista. non aggiungo altro.

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  3. Bellissimo passaggio.
    Così malinconica questa Armida...
    Davvero bello, bravo!

    Cily

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  4. wow! nn posso dire altro che...WOW!

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  5. Avendo usato anche io Armida, mi è piaciuta questa scena extra. Molto buona. :)

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  6. Grazie a tutti. Purtroppo sono un po' fissato con le storie di soprannaturale e mi è impossibile mettere in scena anche solo un frammento carico di sangue e interiora senza che si tinga di comico... Molto più facile per me raccontare di malinconia e solitudine. Probabilmente la professionalità è quella cosa che fa sembrare pregi i tuoi difetti :)

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  7. Dopo tanto tempo...! Bellissimo capitolo!

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