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domenica 2 ottobre 2011

Capitolo 5 - Gioco Infinito

Il rumore gli era ormai abituale.
Un picchettio leggero, simile al suono di una pioggia autunnale.
E leggeri squittii, come di pulcini implumi dimenticati in un cassetto.
Si erano svegliati, erano svegli.
La Casa si è svegliata.
A fatica si alzò a sedere sul letto e lentamente fece scivolare i piedi fino alle pantofole, come sempre ben allineate sul tappetino, reso scuro dal tempo e dai lavaggi.
Di fronte a lei il grande specchio che il tempo aveva appannato e ombreggiato. Il suo viso nel riflesso della luce poteva sembrare ancora giovane. Sorrise per un istante, come se quella mattina gli avesse voluto regalare un'illusione.
Si alzò in piedi e arrivò fino all'armadio. Girò due volte la chiave dell'ultima sezione, quella che teneva sempre chiusa.
Una luce delicata salì dalla piccola casa di bambole. Le luci della minuscola sala da ballo erano accese. Il riflesso la illuminava dal basso, accarezzando le rughe e i tanti segni lasciati dall'età. Quanti anni aveva? Non lo sapeva. Da quando era divenuta la custode della Casa, lei, Carla Adelaide Cristina – Adele per la mai abbastanza rimpianta Caterina Borghi e Adelaide per chiunque altro – era l'ultima balia degli ultimi, eterni bambini. Adelaide, la tata, la governante, il nome e il destino della vecchia casa.
Era sopravvissuta senza sapere perché a tutto ciò che la Casa aveva vissuto. E con lei era sopravvissuta la casa delle bambole che aveva ricevuto quasi per scherzo da Caterina, tanto tempo prima.
Ma qualcosa in lei si era rotto, da qualche tempo.
Aveva...
L'aveva fatto.
E, come diceva il piccolo rosso,«L'hai fatto e non si può più cambiare».
Aveva immaginato che quelle chiamate avrebbero richiamato l'attenzione su di loro e nel contempo risvegliato loro, tutte le creature che il tempo e la muffa avevano evocato dal non-mondo, dall'Oltre, dal livello più profondo degli incubi dell'intera città.
La Casa sarebbe finita. E con essa sarebbe finita anche la sua storia.
Era stato un suicidio? Scosse la testa: non era questo. Ma lei era stanca, disperatamente stanca di seguire gli ultimi tre bimbi, morti migliaia di volte e ogni volta ricacciati indietro, a ripetere ancora una volta la loro ultima rappresentazione.
Sollevò lentamente, senza rumore, il tetto della casa e lo posò accanto a sé. Tolse le piccole stanze dell'ultimo piano e le dispose attentamente sul letto dietro di lei. La sala da ballo era aperta sotto di lei. Le tre piccole forme dei bambini e un estraneo, una piccola, sottile silhouette senza viso né lineamenti. Si chinò cercando di afferrare le loro parole, anche se immaginava che cosa stessero ripetendo i bimbi. Una stupida, irritante filastrocca, la stessa che cantavano ogni volta e che era diventato un disperato urlo di dolore quando l'incendio era arrivato nella stanza, un pomeriggio di un secolo e più prima.
Dietro i bambini, incurvato sul pavimento, invisibile a tutti, un Quasi.
Quasi mostro, quasi creatura, quasi tutto ciò di orribile e raccapricciante possa nascere in una mente. Era un figlio del non-mondo, senza nome né sostanza. «Quasi» era stato coniato da lei molto tempo prima, quando quegli esseri senza forma, ciecamente affamati di realtà ma incapaci di superare lo spazio maledetto della Casa, erano poco a poco sorti dalla polvere e dalla muffa.
La presenza del Quasi l'allarmò. I bambini dovevano aver imparato a comandarlo, o forse lui aveva imparato a seguirli, risvegliandosi a ogni loro risveglio, levandosi silenzioso da qualche angolo dimenticato.
Quasi stava crescendo mentre i bambini continuavano il loro gioco.
«Non troveranno la rima finale. Non possono trovarla. Devono continuare a ripetere il gioco senza poterlo terminare». Ciò che era avvenuto quel lontano, dimenticato pomeriggio.
In altri tempi quel pensiero la paralizzava, facendola singhiozzare come una povera demente. Ora era diventata più forte – o forse soltanto più vecchia e insensibile – e rimase per qualche istante immobile a considerare le piccole creature e i rapidi, letali movimenti di cristallo del Quasi.
Una piccola, meravigliosa casa delle bambole. Ciò che da bambina aveva sognato mille volte.

Si mosse lentamente, vestendosi a fatica.
Uscì senza preoccuparsi di chiudere la porta alle sue spalle.
Mise la mano in tasca e strinse i suoi tre tesori: una mollettina con una farfalla, un bottoncino e una medaglietta.
Le sembrò che il cuore perdesse un colpo, ma non si arrese.
Passo dopo passo, cominciò a sentirsi meglio, le forze le stavano tornando.
Il respiro divenne regolare.
Ora camminava perfettamente eretta e ringiovaniva mano mano che si avvicinava alla villa.
Quando attraversò il cancelletto posteriore, quello vicino alla capannina degli attrezzi, i suoi capelli erano di un intenso color mogano e non aveva neanche una ruga sul viso di porcellana.
Non si curò della polizia che era nel giardino.
Fissò la finestra della sala da ballo.
Piccole pesti è arrivata la tata. I suoi occhi d'argento brillarono. E' l'ora della passeggiata . Sapete che non fa bene stare tutto il giorno chiusi in casa.
Vedrete quante belle cose si possono fare all'aperto.

5 commenti:

  1. Fantastico!Davvero bella questa versione del capitolo 5!
    Hai interpretato tata Adelaide proprio come la avevo "sentita" anche io!Però è bello vederla "scritta" da qualcun' altro...
    Bellissimo rilettura del capitolo! Ti ringrazio per aver dedicato tempo al suo personaggio che a me aveva intrigato molto e che avevo volutamente lasciato appena appena accennato per eventuali sviluppi.
    Davvero grazie! :)

    Cily

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  2. Bella rivisitazione. :)

    PS: [Pignolo Mode on] Nella tag manca il numero 1 subito dopo SBSB [Pignolo Mode off] :)

    Ciao,
    Gianluca

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  3. @Gianuluca:
    ... Pignolo? Non preoccuparti assolutamente. Temo che l'errore di tag nasca da una svista di Davide che gentilmente ha pubblicato il mio intervento.
    In quanto all'essere pignolo, personalmente sarei MOLTO contento di poter rimettere la mani sul testo, se non altro per eliminare quel malefico «il rumore GLI era ormai abituale» con «il rumore LE era ormai abituale», dal momento che Adelaide è un XX fuor d'ogni dubbio :(
    @cily: mi ha fatto molto piacere lavorare sul tuo personaggio. Senza di lei (e di te) avrei faticato non poco a risolvere il dannato enigma concepito da Davide...

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  4. Bel capitolo, complimenti Mr. Citi.
    forse tra mercoledi e giovedi esce il mio.

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  5. Grazie! Sono molto curioso, a questo punto, di leggere il tuo.

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