Sopravvissuti, mistici e scienziati. Uomini d'ordine e di servizio. Disposti intorno alla Villa, si interrogavano, cercavano soluzioni. La tensione non accennava a calare. Qualcuno voleva entrare e seguire gli agenti entrati ormai da un'ora nell'edificio. Altri preferivano attendere. Tutti temevano che fosse ormai troppo tardi. Nessuno badava troppo ai dettagli.
Ma da qualche minuto l'atmosfera intorno alla Villa era sensibilmente cambiata. Non era rassegnazione o stanchezza. Era la casa: il senso d'oppressione, i miasmi che ne uscivano, miscela di marciume vegetale, ruggine e decomposizione, si erano dileguati.
Un osservatore attento avrebbe notato come le pareti dell'ingresso, quei tratti di muro che era possibile scorgere anche dall'esterno, illuminati dalle fotoelettriche del servizio d'ordine, apparivano ora puliti, la muffa che li ricopriva scomparsa. L'aria, fino a poco prima vibrante di rumori sommessi, dei gemiti e delle urla provenienti dalle profondità della casa, s'era improvvisamente fatta silenziosa. Un silenzio per nulla inquietante, anzi: un senso di pace era calato sulla Villa e sulle strade e i giardini che la circondavano.
Ci volle ancora qualche momento prima che la piccola folla che accerchiava l'edificio se ne rendesse conto. Quando successe, quando i primi sguardi interrogativi si incrociarono, il momento era già passato.
Nelle profondità della Villa, nella cantina sotterranea che da sempre la accoglieva, la creatura aveva preso una decisione. Aveva richiamato a sé tutte le sonde (le spore! le muffe!) che tappezzavano il palazzo, raccolto tutto il materiale organico sparso per le stanze (vivo o morto che fosse), iniziato a lavorare al telaio della sua idea.
Successe senza preavviso. Il terreno prese a tremare in sincrono con i tonfi e le esplosioni sommesse provenienti dall'interno della casa. Gli uomini si guardarono perplessi,. Quasi tutti fecero un istintivo passo indietro, qualcuno, forse ragionando su probabilità e fortuna, forse per mera incoscienza, fece un passo avanti.
Gli schianti continuarono, dalle finestre dei piani bassi si videro uscire sbuffi di polvere. Qualche calcinaccio precipitò dalle volte e dalle porzioni più alte dei muri della casa. Tolti i sussulti del terreno e il rumore delle esplosioni sincopate, l'atmosfera pacificata che circondava la Villa non accennava a guastarsi. La frenesia e la tensione delle ore precedenti sembravano scomparse. Santonastaso era quasi sollevato. Boati ed esplosioni erano qualcosa che si poteva affrontare. Sguardi di comprensione passarono veloci lungo le linee di comando: indicavano decisioni operative standard, l'esperienza di un'emergenza conosciuta.
L'uovo che non era un uovo riposava sotto la creatura: nero e corrugato, indifferente alla trasformazione che avveniva nell'ammasso che lo circondava. Silenzioso e apparentemente inerte, attendeva il futuro che sognava.
La creatura cresceva, la carne si fondeva ai tubi di ferro e ottone divelti dalle pareti della casa, alle travi strappate al soffitto. Le ossa dei primi ospiti della casa formavano funzionali incastri e nuove articolazioni. Gli aculei che caratterizzavano una sua incarnazione precedente si erano allargati e spostati in alto, fondendosi in un guscio appuntito. Le mani raccolte pazientemente nel corso degli anni si agitavano, nella loro nuova vita, raccolte in una corona semovente disposta a spirale attorno all'asse verticale, sotto l'anello di crani, che con gli occhi perennemente aperti fornivano un abbozzo di apparato visivo. Un ciuffo di capelli rossi spuntava a circondare un viso femminile, saldato zigomo a zigomo a un volto baffuto, a sua volta legato alla faccia guercia di quella che pareva una vecchia mummia. Altre quattordici teste chiudevano il cerchio, permettendo alla creatura una visione radiale totale.
La creatura cresceva, incontenibile: i tubi si legavano ai cavi di rame estratti dal corpo della villa, che in una rete grossolana trasmettevano gli impulsi elettrici capaci di stimolare nuovi legami, nuove attrazioni. I corpi più antichi formavano la base di una forma conica che strisciava e spingeva verso pareti e soffitto. L'intero ammasso era coperto da una fitta peluria giallo verdastra, formata dagli ammassi di muffa sensibile che prima decorava le stanze dell'edificio e ora coordinava lo sviluppo della creatura. Presto il primo solaio esplose verso l'alto spinto dalla pressione sottostante. La creatura si mosse, strisciando, arrancando, lacerando pareti e pavimento, inerpicandosi inarrestabile al piano superiore. Pezzi di vetro e calcinacci vennero integrati nella sua struttura, che si allargò, premendo sui tramezzi di quella che una volta era la cucina. Le mura, indebolite dall'erosione avvenuta nei sotterranei, ressero ancora qualche minuto scricchiolando. Cedettero di schianto quando la creatura strappò il vecchio boiler dalla parete utilizzando poi i tubi del sistema idraulico per proiettarsi verso il corridoio, attraverso l'apertura ormai divelta della porta della stanza.
L'esplosione delle finestre del piano inferiore riscosse gli uomini raccolti all'esterno che, incerti e lenti, tentavano una qualche reazione. Chi si aggrappava al cellulare, chi si affannava a gridare ordini, chi, ammutolito, portava le mani alla testa alla disperata ricerca di un'idea.
Tutta l'ala orientale della Villa si stava lentamente ripiegando su sé stessa, trascinando nella caduta il corpo centrale dell'edificio. Nuvole di polvere si innalzarono nell'oscurità. Il rumore del crollo riempì ogni spazio, impedendo qualsiasi fuga. Spegnendo ogni pensiero.
La creatura si trascinò verso le luci provenienti dal portone spalancato. Non sentiva nulla, ma vedeva qualcosa muoversi nella polvere dell'esterno, percepiva vita e calore, che l'attiravano come una vecchia promessa.
Quello che gli uomini videro attraversare la nube di scorie provocata dal crollo aveva l'apparenza di un vecchio tronco d'albero potato dei rami più alti. Una forma conica e irregolare, alta tre/quattro metri, larga altrettanto alla base, che si muoveva sbilenca ma rapida su un telaio di tubi e carne morta (l'odore! l'odore!), con una quantità di mani (mani! sinistre!) che tastavano l'aria intorno, come ciechi in mezzo al traffico, e sopra (l'orrore!) diciassette sguardi muti a esplorare silenziosi la direzione e un tappeto di muschio marcescente, ad avvolgere come un velo d'incubo quel che rimaneva dei corpi che formavano la struttura portante della creatura.
Il mostro si avvicinava, inesorabile. La tentazione della fuga si mescolava alla voglia di distruggere, la fame di spazio e luce si confondeva con le istruzioni ricevute. Uomini e creatura si confrontarono muti, quasi a riflettere le rispettive incertezze. Durò un attimo, poi l'istinto di sopravvivenza uccise ogni razionalità.
L'uovo che non era un uovo riposava sotto le macerie. Nero, corrugato, sazio. Certo della raggiunta pace, in attesa di tempi migliori.
Postato per conto di Iguana Jo.
RispondiEliminaChe sarà felice di sentire i vostri commenti...
Com'è che comincio sempre io?
RispondiEliminaMi è piaciuto molto, ci ho anche trovato una certa reminiscenza da Clive Barker in particolare il racconto IN COLLINA; LE CITTA.
E tutti voialtri, suvvia, non siate timidi: commentate, commentate! ;)
... infine cresce ciò che non deve crescere ... Niente male, davvero.
RispondiEliminaOstrega, ho un'idea, ma non so se riuscirà ad ammaestrare questa casa mostro.
RispondiEliminaArrivo venerdì:-)
Chapeau, veramente.
RispondiEliminaBarney
Mi è piaciuto tantissimo, davvero.
RispondiEliminaCapitolo fondamentale, e ben giocato.
Che botta! Complimenti all'autore, questa non me l'aspettavo. E mò voglio vedere come se la cava la prossima vittim... volevo dire partecipante.
RispondiEliminaGrazie a tutti per le belle parole.
RispondiEliminaEro un po' preoccupato delle reazioni dei lettori, ma per essere un dilettante non è andata poi così male (almeno fino ad ora…)!
Grazie ancora, e buon divertimento al prossimo della fila!
Cavoli che sorpresona! :O Bel capitolo, complimenti Iguana! :)
RispondiElimina@ Angelo: grazie LOL
RispondiElimina@ Davide: sabato devo postare vero?
Veramente notevole!
RispondiElimina@Ferruccio
RispondiEliminaLo sai che sono sempre gentile ed incoraggiante. In due parole sono affaracci tuoi. Hint: il fuoco è sempre una buona idea.
@Ferruccio
RispondiEliminaSabato è ok.
Mi arrangio io e lo posto verso le 15 di domani:-)
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