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lunedì 20 giugno 2011

Capitolo 7 - Bell

La carcassa del cane sembrava danzare attorno alla ragazza, le zampe si muovevano disarticolate, ogni tanto il cane girava la testa all'indietro, si sentiva il suono delle ossa che raschiavano contro altre ossa.
Un rumore basso, come un rantolo, aveva sostituito l'abbaiare della bestia che si dondolava e poi ricascava in avanti e con le zampe faceva un salto e ancora quel suono: nel buio scintillavano i denti e le ossa del costato che sporgevano dal ventre sfondato.
Sopra il cane una lama mandava un bagliore di tanto in tanto nel buio assoluto che avvolgeva ogni cosa.
Il cane era affamato. Quello che mangiava non gli dava soddidsfazione, gli usciva subito da sotto e si inciampava anche e scivolava nelle interiora che aveva appena masticato, e mandava quel suono gutturale, quel latrato subumano.
Stava addosso alla ragazza, le andava sopra, faceva dei colpi con l'addome, le morsicava la faccia, ma poi saltava indietro, sentiva il gusto di niente, il sapore del sangue mescolato a quella cosa.
Quella cosa nera e morbida.
Il cane saltava ancora addosso alla ragazza, provava a morderle una gamba, una mano, la ragazza era immobile, era come morta ma stava benissimo, il cane lo sapeva.
Il cane lo aveva già fatto.
Il cane girava, provava a mordere l'altra mano: non c'era l'altra mano, sempre quella cosa nera e soffice. Faceva quel suono e saltava indietro, scivolava e cadeva, gli mancavano delle zampe.
Si rialzava e tornava a correre attorno alla ragazza, sentiva che era nel centro della casa, era nelle fondamenta della casa, si sentiva bene come non era mai stato, sentiva che aveva bisogno di più zampe, che era instabile, tornava a mordere una gamba della ragazza. Faceva come per strapparla ma non tirava troppo forte, voleva solo vedere se veniva via. Ma la gamba resisteva, era troppo morbida.
La ragazza era troppo fresca.
Il cane sentiva che doveva cambiare, che stava troppo bene, che doveva avere più zampe, che gli servivano più denti.
Da un lato non voleva lasciare quel posto, adesso che ci era arrivato, dopo tutto quel tempo. Era un posto in cui stava come non era mai stato, in cui sapeva cosa sarebbe stato dopo.
Ma gli mancavano delle cose, gli servivano delle zampe, aveva bisogno di più denti.
Con un balzo saltò ancora addosso alla ragazza, rimase con le zampe sopra di lei e poi iniziò a vomitare. Gli usciva quella cosa nera e morbida, usciva come se il cane ne fosse pieno, come se stesse vomitando da uno stomaco incastonato nel centro della casa. Era un vomito doloroso, veniva a strappi, sembrava finire e poi il cane tornava a contrarsi e vomitava ancora, copriva la ragazza con quella muffa bagnata, soffice.
Alla fine fece un salto laterale, un salto impossibile, e cadde sul pavimento di legno, osso contro legno. Un suono di cose morte che cozzano. Se solo avesse avuto due zampe in più, e più denti. Non sarebbe caduto, ecco, sentiva che non sarebbe caduto, adesso che cercava di rimettersi in piedi. Due o quattro zampe in più e più denti. O un pungiglione, qualcosa con cui infilarsi dentro, qualcosa di più affilato.
La ragazza adesso aveva la faccia e il petto coperti da quella muffa nera che ondeggiava, si spostava appena, mossa da qualche corrente d'aria lontana che arrivava da chissà dove. Spuntavano le caviglie e i piedi, da sotto. Su un lato il braccio con un moncherino, anche quello già coperto dalla muffa.
Il cane si mosse lentamente, andò fino a una delle gambe della ragazza e iniziò a morderla, non veniva via niente, ma il cane lo faceva lo stesso. Il cane era affamato, lo era sempre stato.

Fu in quel momento che sentì il suo nome, quello con cui lo chiamavano i bambini. Quanto tempo era passato, quanto era che non lo chiamavano? Il cane si mise a correre, era come impazzito, si inciampò nelle gambe della ragazza e continuò a correre, si inciampò di nuovo sopra dei vestiti ammucchiati vicino alla ragazza, e scivolò, fece il suo ringhio, il suono basso con cui cercava di rispondere.
La lama sopra di lui lo seguiva, da lontano.
Sentì di nuovo il suo nome, i bambini lo stavano chiamando e riprese a correre, non gli interessava lasciare il cuore della casa, non poteva resistere al richiamo dei bambini. Correva fuori, saliva per i fori delle pareti, si piegava per entrare nelle fessure degli scantinati e poi correva ancora per la casa, per i corridoi mandava il suo suono sordo.
I bambini lo volevano ancora, il cane non si sarebbe fermato, c'era qualcosa che non ricordava, ma i bambini lo chiamavano, lui doveva correre subito quando i bambini lo chiamavano, lo aveva sempre fatto. I bambini gli davano sempre un sacco di cose da masticare, e da mangiare.
I bambini gli avevano sempre dato delle cose così strane da divorare.

Quando entrò nella stanza il cane li vide, non erano cambiati. Erano i bambini.
Quello dai capelli rossi disse solo "eccolo", non sembravano felici di vederlo.
La bambina con le trecce bionde si girò verso di lui e disse "Bell, cattivo Bell, guarda cosa hai lasciato fuori di casa".
Il cane abbassò il muso verso terra e si contrasse, come ranicchiandosi, è terrorizzato quando lo sgridano i bambini.
La bambina aveva lo sguardo severo, come se imitasse gli adulti quando sgridano i bambini. Ma i suoi occhi erano grigi, senza espressione. "Cattivo Bell, guarda cosa avevi dimenticato".
Il cane alzò il muso e vide per terra quella donna che aveva morso fuori di casa, le aveva squarciato il ventre con furia quando si era alzato dall'erba dove aveva dormito per anni. Adesso la donna era lì, buttata tra la bambina e il bambino grasso con la tuta blu. Aveva gli occhi fissi su di lui e respirava ritmicamente, il vestito sventrato e le gambe coperte di sangue.
Respirava e lo guardava fisso, senza fare altro. Era bagnata di sudore, era terrorizzata.
"L'abbiamo portata dentro" disse allora quello con i capelli rossi. "Dentro si sta meglio" aggiunse.
La bambina disse "Cattivo Bell, sei proprio un cane cattivo".
Il terzo bambino, che fino a quel momento non aveva parlato, disse che adesso Bell doveva finire il lavoro. "Bell hai cominciato e adesso devi finire. Non possiamo lasciarla in questo stato".
Bell mandò una specie di guaito, aveva così fame.
"Dài" lo invitò quello con i capelli rossi, mentre la bambina si spostò appena mettendosi a braccia conserte.
Il cane allora si alzò, a passi lentissimi si avvicinò a Eva e infilò il muso nel suo addome aperto. La donna mandò un urlo soffocato, quasi un sospiro.
Era così caldo e bagnato lì dentro.
Il cane cominciò a masticare, all'inizio lentamente, poi con frenesia crescente. Sentiva i suoi denti affondare in quel ventre morbido, non c'erano ossa, era tutta carne umida, veniva via che era un piacere. Divorava a dentate brevi e secche, poi masticava e dopo un po' sentiva quel cibo che gli scivolava dalla pancia, gli colava sulle zampe. Più mangiava più gli veniva fame e rabbia: eppure era così bello mangiare, era la cosa più bella.
"Bravo Bell" disse una voce sopra di lui, era la bambina e lui continuò a mordere. Ogni tanto sentiva un gemito, la carne gli vibrava tutto intorno al muso e questo lo faceva godere, lo faceva sentire così vivo, così dava un colpo più forte con i denti, affondava più in profondità con il muso.
"Bravo, bravo cane" gli diceva la bambina, ma non lo accarezzava perché sapeva che accarezzare un cane quando mangia, magari il cane si volta di scatto e morde anche te.
Fu in quel momento che si sentì la voce. Era proprio fuori della porta.

"Ragazzi, siete qua?"

Il cane riconobbe la voce e fece uno scatto, iniziò a contorcersi come se lo avessero accoltellato. La bambina non cambiò espressione, solo voltò la testa verso la porta e disse "no". Il bambino dai capelli rossi si guardò i mocassini come se si accorgesse solo in quel momento di averli ai piedi e mormorò a bassa voce: "oh no, Cristo, non Adelaide. Non adesso!".
Il bambino grasso si voltò verso Eva, la guardò per un secondo, e disse agli altri due: "sarebbe bene che Adelaide non la vedesse. Non ancora".
La bambina alzò le spalle. "È stato Bell a fare questo schifo, non noi". E poi aggiunse: "e poi: noi non siamo qua".

Quando Adelaide aprì la porta vide solo Eva, buttata in un angolo della stanza come un fagotto insanguinato, e Bell ai piedi della donna che guaiva con quel suono sordo.
Adelaide sospirò.
Poi scosse la testa. "Quì c'è da fare della gran pulizia" disse tra sé e sé, e sospirò di nuovo guardando il cane che non aveva proprio il coraggio di alzare il muso da terra.

13 commenti:

  1. Buon episodio anche questo. La domanda è a questo punto: Eva e Rosa sono senza speranze? Si potranno salvare?
    E tata Adelaide è buona o cattiva?
    Complimenti anche all'autore di questo capitolo.

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  2. Fatte solo un paio di modifiche per uniformare titolo e tag.
    Buon capitolo.
    Alla via così.

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  3. Ah che bello!!!
    Non avevo pensato alla relazione bambini e cane e invece è bellissima e funziona benissimo.
    Tata Adelaide è piuttosto temibile e secondo me è davvero severa, una istitutrice sia per i "buoni" che per i "cattivi"!
    La mia curiosità cresce.
    Bel capitolo!

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  4. grazie. mi piaceva molto il personaggio del cane morto, ci ho lavorato sopra. si può fare ancora molto con lui, l'idea del cane che sente bisogno di arti per diventare aracnide mi solleticava. ma mi sono fermato perché sforavo in lunghezza.
    ho provato poi ad amalgamare alcuni elementi già presenti (cane, rosa, eva, bambini) piuttosto che "andare avanti" perché mi pareva ci fossero già abbastanza cose in movimento.
    anche io ho letto oggi di seguito tutti i pezzi per facilitarmi la scrittura :P

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  5. Agghiacciante, e per un horror è una buona cosa.
    Buona idea il legame bambini-cane, e mi piace il nome Bell, campana, e a pensarci: campana a morto...
    Ennesimo buon capitolo, complimenti.

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  6. E mò sono affari miei. Gli ultimi due capitoli mi hanno spiazzato, davvero. Essere all'altezza non sarà banale.

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  7. >Angelo

    Non preoccuparti, questa non è una gara e non è una vetrina, qui si sta solo intorno a un fuoco in una notte d'estate a raccontare storie di fantasmi.
    Inizia a raccontare e vedrai che il problema sarà smettere.

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  8. Miseria nera, scopro questa storia con 7 capitoli di ritardo. letti tutti insieme, tutti d'un fiato e che bella sorpresa. E' davvero una storia spaventosa, ragazzi. Bravi tutti tutti tutti!

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  9. Buono anche questo.
    Mi sembra molto interessante che non si stia affannosamente tentando di lasciare a tutti i costi una «traccia» nel romanzo. Come ha giustamente scritto Coriolano «non è una gara e non è una vetrina». Concordo. Lo sforzo finora è quello di costruire una vicenda - a suo modo - verosimile e coerente. Bene così.

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  10. Concordo anche io. Sembra davvero che tutti gli sforzi comuni siano verso la storia e non verso il protagonismo...
    Anche questo capitolo agghiacciante.
    Questo cane proprio ci piace!!!!!!
    Non vedo l'ora di leggere tutta l'opera d'un fiato!

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  11. La mia cara amica e collega Marina che ci segue sin dal primo capitolo, scrive (dato che gli anonimi non riescono a postare...)

    "é davvero più che "Inquietante" questo Capitolo...é scritto benissimo e fa venire i brividi tanto é ben articolato nella descrizione "granguignolesca"...era da parecchio tempo che non leggevo cose tanto raccapricianti ma al contempo piene di "stile" ! Spero che il lavoro continuerà in questa direzione perché la lettura é davvero piacevole e sono certa che anche coloro che non sono dei "Thriller-Books Maniacs" lo apprezzeranno di certo !
    Thanks for making my day!"

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