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giovedì 16 giugno 2011

Capitolo 6 - Regola 3

Non era passato un minuto da che Margherita si era allontanata che già Andrea iniziava ad agitarsi e a controllare il telefonino.
-Non l'avrei dovuta lasciarla andare da sola.-
Bruno rimase in silenzio, tanto starà tornando a casa, ma non era tranquillo, si sentiva come se la sua testa fosse punta da tanti minuscoli aghi, e aveva imparato a conoscere quella sensazione, lo avvertiva sempre di qualche grosso guaio in arrivo, poi la sua solita vocina inopportuna aveva parlato, l'aveva battezzata la voce del Dio del popcorn, e per la precisione un Dio di quarta categoria idiota e dispettoso. Andrea ha detto mille volte a Margherita di non lasciarle mai la mano, quando imparerà?
Stramberie, all'inferno anche la sua vocina interiore, meglio affidarsi alla saggezza delle quattro regole del maestro di ninjutsu.
Mantenere la calma.
Usare sporchi trucchi.
Fuggire come il vento.
E se tutto fallisce, don't panic.
Ma c'era di che preoccuparsi? Fino a quel momento non era successo niente, a parte un rumore al piano superiore quand'erano arrivati, ma da allora né fantasmi né visioni, nulla, tranne echi lontani, forse topi, pure a un certo punto aveva creduto di sentire la voce di suo padre chiamarlo in lontananza.
Ma era solo un'impressione, il vecchio a quell'ora stava a casa, lo sguardo perso qualche birra a fargli compagnia e la televisione accesa in sottofondo.
-Senti, io vado a cercala non vorrei che si mettesse nei guai.-
-Neanche un minuto senza di lei?-
-Vogliamo ritornare sull'argomento?-
Bruno scosse la testa, non ancora non adesso, quindi si alzò e fece qualche passo stiracchiandosi.
La caccia ai misteri per quella sera era finita, forse era meglio così.
-No hai ragione andiamo anche noi, tanto stasera è andata buca.-
-Giusto.- Disse Andrea alzandosi a sua volta. -A proposito cosa diceva di questo posto tuo padre?-
-Il mio vecchio ti torcerebbe il collo se solo sospettasse che mi hai convinto a venire qui, e non ti dico cosa ti farebbe mia madre. Andiamocene.-
Sistemò il marsupio assicurandosi di non dimenticare niente, da parte sua Andrea controllo il suo zaino poi insieme s'incamminarono.
Davanti a loro illuminato dalla luce della torce elettriche s'intravvedeva il pavimento coperto di polvere, qua e la pezzi d'intonaco, altre volte la luce mostrava i muri dove la carta da parati si era annerita per la muffa oppure si era scollata mostrando sotto, il muro sporco di colla giallastra, altre volte invece a essere illuminati erano i soffitti dove pendevano cavi elettrici a mostrare il posto dove c'erano stati dei lampadari.
Quel posto era nient'altro che un guscio vuoto, eppure non poteva fare a meno di spostare lo sguardo su ogni cosa, di fare attenzione al minimo rumore.
Quel posto lo metteva a disagio, lì c'era da tenere sempre gli occhi ben aperti senza mai chiuderli neanche per un colpo d'occhio, eppure allo stesso tempo lo attirava a se, per questo era lì', poi cercava delle risposte.
Nel corso degli anni la Gatto-Borghi era diventata la sua ossessione, da principio aveva cercato in biblioteca poi aveva chiesto informazioni un po' ovunque, ma tutte le sue ricerche non avevano portato mai a nulla, le uniche notizie raccolte parlavano dei padroni della villa, una famiglia definita “influente e ricca”, gente che se n'era andata più di mezzo secolo prima per trasferirsi altrove lasciando la villa vuota .
Zero leggende, zero dicerie, solo l'accenno alla morte di tre bambini della famiglia, e a parte quello non aveva trovato altro.
Poco per un posto dove i sigilli della polizia erano rimasti solo fino pochi anni prima, troppo poco per essere evitata da tutti, troppo troppo poco per giustificare certi silenzi.
Però qualcosa era riuscito a coglierlo lo stesso, ed era rimasto sorpreso nel sapere che riguardava proprio sua madre e suo padre, ma non aveva provato neanche a chiedere spiegazioni a loro.
Aveva già dato, anzi da lì era iniziato tutto il suo interesse.
Era ancora molto piccolo quando aveva chiesto a sua madre della villa, una domanda distratta che non ricordava come gli fosse venuta in mente, però ricordava bene cos'era successo dopo. Sua madre che un attimo prima rideva era diventata di colpo seria, aveva visto i suoi occhi azzurri spalancarsi per la sorpresa poi il dolore sulla guancia per uno schiaffo inatteso e, subito dopo, le mani di lei che lo prendevano per le spalle, lo scuotevano, la sua faccia rossa, le sue parole LEVATI DALLA TESTA QUEL POSTO! MI HAI CAPITO! GIURAMI CHE NON CI ANDRAI MAI MAI MAI...
...quella sera suo padre gli aveva fatto un lungo palloso discorso sulla responsabilità, sul non cercare guai, sul non dover andare in posti sbagliati, pericolosi... nel suo letto quella notte aveva ripensato a sua madre poi a suo padre, al leggero tremito delle sue mani, alla sua voce insolitamente bassa, agli sguardi che lanciava verso la finestra, come se si aspettasse che da li si affacciasse qualcuno o, qualcosa.
Tuo padre ha paura, gli aveva detto la vocina, non è possibile si era detto, non è possibile lui è mio padre, lui è forte, lui... quel pensiero l'aveva tenuto sveglio a lungo, rannicchiato con la testa sotto le coperte, con la paura di guardare fuori dalla finestra.
Ah, poi c'era stato quello stupido sogno.
Quand'era successo, giorni, settimane, mesi dopo?
Nel sogno si trovava dentro il parco della villa in un giorno pieno di sole, i papaveri sembravano dappertutto mentre gli alberi erano di un verde intenso poi la villa sembrava, ringiovanita, i muri appena dipinti di rosso, le imposte delle finestre integre e lucide, le rifiniture e i marmi bianchi, e all'ingresso principale il portone socchiuso con gli ottoni che brillavano.
Da lì, era uscita la bambina dai lunghi capelli neri.
L'aveva salutato agitando una mano piena di, buffi, anelli a forma di ragni e serpenti, poi avvicinandosi gli aveva detto.
-Vuoi giocare con me?-
L'aveva guardata sorpreso, aveva fatto un passo indietro poi aveva notato la sua maglietta nera, le scritte rosa stampate sopra che non riusciva a capire.
-Mi piacerebbe ma mamma e papà non vogliono che stia qui, piuttosto che significano quelle scritte sulla tua maglietta?.-
-E' un segreto, gioca con me e te lo dico. Ti va a nascondino? Scommetto che non mi trovi.-
Ridendo era sparita dentro la villa, lui invece era rimasto fuori, non sapeva che fare così si era guardato intorno e aveva notato vicino alla vicina capanna degli attrezzi tre bambini che giocavano, rassicurato si era deciso ad entrare nella villa ma proprio quando stava per varcare il portone, qualcuno, di cui aveva intravisto solo il braccio e una mano, lo aveva preso tirandolo indietro.
Stramberopoli.
Di quella mano gli era rimasto impresso un particolare, nel palmo c'era un occhio.
In seguito aveva letto che la mano era un simbolo potente di unione tra il cielo e la terra mentre la mano con l'occhio nel palmo era un simbolo era ancor più potente, vedere osservare sapere, fare agire comandare.
Stramberie di stramberopoli aveva detto allora.
Cazzate, a ripensarci ora, piuttosto... ma da quanto cazzo stavano percorrendo quel maledetto corridoio?
-Non capisco...-
-Cosa?-
-Il corridoio con le finestre che fine ha fatto?-
Dai giochiamo a nascondino...
-Un poco più avanti?-
-Avanti quanto? Sembra che stiamo sempre nello stesso posto non te ne sei accorto?-
Andrea prese il cellulare e lo guardò, poi scosse la testa. -Non abbiamo campo, comunque ti sbagli non è passato neanche un minuto da quando ci siamo messi in cammino.-
Grossi guai.
-Cazzate, saranno cinque minuti se non più che stiamo camminando.-
-Pareva anche a me, ma si vede che ci sbagliavamo... a meno che non si sia tutto ingrandito qua dentro... oh è tornato il campo, ah no, è riandato... dai andiamo.-
-Regola uno?-
-Si regola uno grande maestro.- Gli rispose Andrea.
Fecero per rimettersi in cammino, e fu allora che Bruno sentì un piccolo rumore dietro se.
Ci avrebbe potuto scommettere, quello era il rumore di un frammento di muro o di stucco che qualcuno aveva urtato facendolo rotolare via.
Non ne fu sorpreso.
Avvicino la testa all'orecchio di Andrea e continuando a camminare gli chiese -Tira fuori un ciuski-
-Quale?-
-Energia solare.-
Se il suo marsupio era la bat-cintura, lo zaino di Andrea era la tasca di Doraemon dalla quale tirare fuori quello che serviva al momento giusto, e in quel momento Energia solare faceva al caso loro.
Era costata soldi, giorni di lavoro e di prove ma alla fine il kit xenon che avevano trasformato in una lampada portabile manteneva tutto quello che prometteva. Tanta luce a volontà da trasformare la notte in giorno, la certezza di accecare chiunque di notte e, compito principale, la capacità di dissipare le paure e i fantasmi della mente col suo potente raggio luminoso. Per soli cinque secondi vero, ma era stato necessario temporizzare la durata dell'accensione per ottimizzare il consumo delle batterie, comunque cinque secondi bastavano.
-Allora grande maestro ninja Brunosan cosa facciamo?-
-Ti darò il via a voce alta, chi ci segue sarà sorpreso, si fermerà, allora accendi.-
-E se fosse Margherita?-
-Che viene dietro di noi di nascosto, con la torcia spenta per farci uno scherzo?-
-Hai ragione.-
Adesso lo sentiva, un passo lento che cercava di confondersi con i loro, bene vediamo se sei reale e chi sei.
-ADESSO VAI!-
Andrea si voltò di scatto e fece partire il fascio luminoso ma, questa volta Energia solare fallì il suo scopo principale.
A non più di cinque passi da loro una forma esile, alta, piena di chiazze come di muffa, con le braccia e le mani simili alle zampe di un grosso insetto cercava di proteggersi gli occhi dalla luce e, nel farlo emetteva rumori gutturali, ma non diceva nessuna parola.
1,2,3,4,5... poi il buio e la sua vocina ragazzo regola 3 ma prima saluta Oberwalder...

7 commenti:

  1. Perfetto. I miei complimenti, anche questo capitolo è bellissimo. Grazie anche per come hai reso i personaggi, ottenendo una bellissima coerenza nella storia.Prevedo ottimi sviluppi futuri grazie a questo capitolo.

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  2. Davvero buono. Piano, tranquillo e terribile. Ovviamente qualcuno doveva riesumare il buon Oberwalder («dall'alta montagna», se qualcuno vuole sapere che cosa significa «Oberwalder»), ma pazienza, riesumerò qualcun altro :)

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  3. E' come la regola dei rigori nel calcio: chi sbaglia per primo poi vince. Qua chi muore per primo poi ritorna...

    Barney

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  4. Bellissimo capitolo!!!
    Bruno è delineato bene, mi è simpatico con i suoi modi di pensare e con i suoi tormentoni. Mi è piaciuta l'idea delle regole, molto sfiziosa e sicuramente riusabile. Regole molto sagge...
    L'elemento del sogno, in certo senso premonitore, mancava e finalmente ora c'è.
    E soprattutto davvero bella la mano con l'occhio perchè è un simbolo molto forte ma anche perchè richiama egregiamente le mani mozzate di Lady Simmons(che ancora mi tormentano quando penso alla casa).
    Bello questo capitolo, davvero bello per come raccorda tanti elementi e ne aggiunge altri in modo armonico.

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  5. Bello, veramente.
    Molto efficaci anche i vari collegamenti ai capitoli precedenti, e il riallacciamento di alcuni fili narrativi che sembravano sciogliersi.
    La storia inizia a prendere una forma ben definita, e questo mi piace tantissimo: gli ultimi capitoli erano concentrati più sull'azione che sulla storia generale e temevo una deriva splatter :)

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  6. Sono contento che non mi abbiate tirato pomodori, da parte mia vedo solo difetti ed errori che non avevo visto [invisibili!?] prima, ma che spiccano alla grande ora, mah...
    Comunque:

    >Nick
    Non ho grandi meriti, i personaggi erano ben delineati nei capitoli precedenti, quindi il merito và a chi mi ha preceduto e tu, sei uno di quelli, da parte mia ho solo cercato di seguire la corrente.

    >maxciti Barney
    Non avevo idea né intenzione di far tornare Oberwalder, contavo invece di far entrare in scena la ruggine per il gran finale ma, la maledetta vocina in combutta con la ruggine mi hanno suggerito un cambio di programma [e perfino il titolo] un attimo prima di scrivere l'ultima riga... davvero non me l'aspettavo, sono rimasto sorpreso anch'io.

    >cily
    Avevi ragione alla grande, però Domenica ero propio giù, beh non propio, ero solo indeciso tra la canna del gas i barbiturici o la pietra al collo...
    Ho pensato a questo capitolo come ad uno di transizione, ho preso i "fili" che potevo prendere da tutti i capitoli precedenti, e ho cercato di unirli tra loro.
    Comunque mi ripeto: avevo una base di 5 buoni capitoli da cui partire, cosa che mi ha facilitato.

    >sekhemty
    Non mi sarebbe dispiaciuto mettere tanta azione [e sangue] ma, era stato già ben fatto, poi appartengo alla setta dei lovecraftiani: prima del sacrificio facciamo sempre un lungo minaccioso rituale...

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  7. Vedo avvicinarsi il mio momento. Azione, trama od orrori senza nome? WTF, come se avessi dubbi... :-)

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